Le Speranze, quelle Belle

Dedico questo articolo alla Speranza. Devo farlo. E devo perché Massimo mi ha ricordato ancora una volta perché facciamo quello che facciamo. Le due repliche di questa mattina a Caltanissetta mi hanno portato a conoscere tantissimi ragazzi desiderosi di ascoltare, che è una cosa che gradualmente dimentichiamo di fare. Le domande del dibattito mi fanno capire quanto in profondo sia penetrata la storia di Peppino. Tra una replica e l'altra, Massimo, con una bella luce negli occhi, mi dice:
- Ma lo sai che riconquisto sempre di più la fiducia in questa generazione? -
E io credo che queste parole significhino molto. Peppino era giovane. Di lui questo rimane. I suoi 30 anni, e la sua voglia di muovere le montagne. I nostri giovani non sono poi così tanto diversi. Hanno solo bisogno di adulti che sappiano dare più esempi. Per questo ringrazio ancora una volta questa scuola. Perché è da esperienze come questa che capisco quanto i professori, le professoresse e il dirigente scolastico tengano realmente alla formazione dei ragazzi e delle ragazze, che non può limitarsi al solo studio di un libro qualsiasi. I ragazzi hanno bisogno dei libri, ma anche di vita. Carne viva. Noi, con loro, ci sentiamo vivi. La cultura e l'arte scorrono tra loro come il sangue nelle vene.

Un'altra piccola speranza stava in terza fila. Mia sorella Aurora.
Mia sorella Aurora ha 7 anni, e ha visto quasi tutti i miei spettacoli. E' arrivata fino a Roma pur di vedermi. Ieri mi ha seguito e ha assistito alla replica. Mi ha aiutato ad abbottonare il gilet grigio, a posare la radio sul tavolo, e mi ha ricordato di cambiare le batterie al microfono durante la pausa prima della seconda replica. Mi ha detto che della storia non ha capito tutto tutto, ma che qualcosa ha capito. Io credo che quel "qualcosa" sia una luce. Una luce che è capace di illuminare tutto il futuro e le sue ombre.