IL BAR DELLE DIECI DI SERA - Pt. 5

21.09.2021

IL POETA

Il Poeta scappava dai rumori del mondo. Erano troppo forti. Erano troppi. Lui aveva soltanto due orecchie, e neanche tanto grandi. Aveva due piccole orecchie, un cuore tanto ferito e due occhi così profondi che chiunque poteva caderci dentro senza accorgersene. Aveva l'insolita capacità di osservare le cose del mondo. Proprio così. Le cose attorno gli parlavano come fossero amiche di vecchia data. Riusciva a sentire la voce dei muri, dei marciapiedi rotti. Anche le pietre avevano un suono per lui. Cantavano. Raccontavano storie, le storie di tutti coloro che le avevano calpestate. In fondo lui si sentiva esattamente come quelle piccole pietre. Anche lui raccontava di tutti coloro che lo avevano calpestato. Non si danno mai a vedere certe cose, eppure, se ci si faceva caso, si potevano vedere tutte le sue cicatrici. Tutte le impronte delle scarpe sui suoi vestiti. Una vecchia cicatrice appena impercettibile sotto il polso, celato da un sottilissimo bracciale d'oro bianco. I gomiti ingrigiti e callosi di chi ha scritto tanto appoggiato su tutti i tavoli del mondo. La schiena un po' curva di chi i libri non li legge, ma li bacia come si farebbe con una principessa addormentata, una che aspetta solo di aprire gli occhi. Di nuovo. Sulla schiena della sua anima aveva tutti i segni delle scarpe di chi non lo aveva visto e gli era passato di sopra. Tutti quelli che non avevano capito, quelli che non potevano capire. C'era anche qualche paio di tacchi. Pochi. Pochissimi. Quelli glieli si potevano vedere anche sul cuore. Appena sopra la bocca dello stomaco, un po' più a sinistra. Era tutto un gioco di solchi più o meno profondi. Qualcuno un po' più coperto dal tempo, qualcun altro un po' più sanguinante. Nessun callo però. Quella è una parte delicata. Non c'è niente che si rimargini da quelle parti. Dicono tutti che poi i dolori passano, ma non è vero. Stavamo così male con noi stessi e con le nostre ferite che abbiamo dovuto inventare il tempo per illuderci giusto un po' che un guaritore potesse esistere. Solo che poi il tempo ci ha imprigionato. Siamo servi tuttofare del tempo. Ma quanto ne abbiamo inventato? Stavamo davvero così male? Il poeta, della bizzarra razza umana, pensava questo. Era così grande quel piccolo e infinito miracolo quotidiano che chiamavano vita, che dovettero suddividerlo in giorni, in anni, in secondi. Lo fecero in così tanti minuscoli pezzettini che ad un certo punto non riuscirono più a ricomporre il puzzle. La gente perdeva pezzi importantissimi di vita ogni giorno senza rendersene conto, perché per alcuni i minuti sono più importanti dei secondi. Quanti secondi abbiamo buttato! Quanta vita sprecata! I pensieri del poeta si materializzavano nella sua testa sotto la candida forma di immagini, quadri. Fotografie di storie che da qualche parte del mondo stavano di sicuro accadendo. Ecco. Sul pensiero dei secondi persi, quei secondi così pieni di vita e di miracoli, gli materializzò una scala grigia e buia. Una di quelle che portano alle metro. Treni nascosti al mondo che strappano le distanze. Un ragazzo stava in cima. Guardava una ragazza scendere per sempre verso una vita che semplicemente andava in altra direzione. Avevano fatto una lunga passeggiata, in silenzio. Solo con gli occhi si erano parlati quella sera. E lei era bellissima. Si salutarono come fossero due amici. Si salutarono con le guance. Mentre scendeva le scale lui la guardava. Quanto era bella. Ecco, forse in quel momento ti accorgi di quanto anche i secondi possano essere importanti.

<< Se avevi voglia di baciarmi, perché non l'hai fatto? >>

<< Non sarebbe stato giusto >> dice lei.

<< E l'egoismo? >>

Lei fa spallucce. Poi altri due gradini più in giù.

<< E tu? Se avevi voglia di baciarmi perché non l'hai fatto? >>

<< Non sarebbe stato giusto >> dice lui.

<< E l'egoismo? >>

Lui fa spallucce, poi sparisce oltre il muro.

Ora torna. Adesso sale le scale e mi bacia per tutta la vita. Tanto lo so che è dietro il muro. Ora sale. Sicuro. Adesso sicuramente salirà. Correrà, con gli occhi lucidi, a baciarmi con tutto il suo fiato. Ne sono certo. Eccola che sale. Uno, due e tre. Ora sale. Uno, due e tre. Eh sali! Che mi vuoi fare stare qua tutta la notte? Guarda che fa freddo. Perché stai tardando a salire? Io sono quello di sempre. Anche se ora sono su queste scale, anche che sono venuto per dirti addio. Anche se ti ho già detto addio, guarda che mi rimangio tutto, eh! Come se non l'avessi mai detto. Giuro. Uno, due ... dai, aspetto te per il tre. Quanto ci metti? Ma quanto ci metti? Se non sei ancora troppo convinta, non ti preoccupare. Io ho tempo, eh! Mi va bene anche tutta la vita.

Lei è lì. Lo sente. No, non lo sente con le orecchie. Quei due si parlano di dentro. Cavalcando la vita e i suoi miracolosi secondi, loro si parlano senza tempo.

È dietro il muro. Immobile. Come la luna. Bianca. Come la luna. Oscura. Ora scende. Ora scende e lo bacio per tutta la vita. Lo bacio con tutto il fiato. Uno, due, tre!

Sette minuti.

Infiniti.

<< Guarda che l'ultimo treno è già partito, eh! >>

Un uomo chiude il cancello della metro.

Ma allora lei non è dietro il muro. È già partita ...

<< Scusi, c'è una ragazza giù? >>

<< Non c'è nessuno >>

Quella notte fece un lungo discorso con la crepa che stava sopra il suo letto. La crepa del tetto di una casa piccola e scassata. Una casa bellissima. Se hai un letto dove fare l'amore e un tavolo per scrivere, hai tutto. Hai tutto anche se il tetto crolla a pezzi.

<< E ora che faccio del mio cuore? >>

<< Qualcuno se ne prenderà cura >>

<< Ho paura che possa essere difficile ... >>

<< Perché? >>

<< Perché mi sento come un vestito troppo largo. Ho paura che nessuno possa rientrarci. >>

<< Serve un lavoro di alta sartoria ... o serve tempo ... >>

<< No. Basta. Io col tempo ho chiuso. Troppi problemi. Troppa vita. >>

Dormì quella sera. Dicono tutti che quando stai male poi non dormi. Stupidaggini. Quando sei stanco, stanco dentro, hai sempre sonno. È un sonno non sonno. Chiudi gli occhi per riposarti, ma sogni di essere stanco. È come non smettere mai di dormire, e allo stesso tempo di stare svegli. Galleggi in un mare di secondi. E i secondi, di notte, passano così lentamente!

Ma quanta vita c'è di notte?

Il Poeta era sicurissimo che quel ragazzo, figlio della sua mente feconda, non pianse quella sera. Non pianse più. Non ne fu più in grado. Quella ragazza aveva lasciato un vuoto così profondo che c'era tanto spazio anche per contenere tutte le lacrime che non riuscivano a risalire la corrente dei suoi occhi azzurri e profondissimi. Chissà chi era quel ragazzo. Chissà dove viveva. Chissà se esisteva in altre parti oltre che nella sua testa. Faceva così lui. Creava. Non smetteva mai. E pure quando faceva altro, una parte di sé continuava a plasmare storie, parole, frasi. Di notte poi faceva i conti con tutti quei personaggi che di punto in bianco si ritrovavano imprigionati in quel giardino immaginario. Quell'Eden che era la sua testa. C'era sempre qualcuno che si lamentava.

<< Mi hai fatto povero! >>

<< Mi hai fatto infelice! >>

<< Mi hai fatto solo! >>

C'era sempre un personaggio che voleva parlare col suo creatore. La notte non gli lasciava scampo. La sua testa era una confusione di voci mescolate. Parole appuntite che rimbalzano da una parte all'altra della scatola, ora squarciando, ora facendo il solletico. Chiudere gli occhi la notte era come affondare nell'oceano infinito. La testa gli scoppiava sempre di parole.

Il metodo era uno solo. La musica. Quando ascoltava una musica, anche quelli dentro la sua testa l'ascoltavano con lui. Stavano tutti zitti per un momento, così lui poteva approfittare per addormentarsi.

<< C'è riuscito anche stavolta! >>

<< Questa cosa che ci incanta con la musica deve finire! >>

<< Possiamo fare qualcosa nei sogni? Magari lo raggiungiamo lì! >>

<< Lui non sogna ... >>

<< Ma che dici? Tutti sognano! >>

<< Lui non li ricorda quasi mai ... lo so perché ha creato me come lui. E io lo so! >>

<< Comunque, se può servire, io sono un poeta ... >>

<< Scusa, ma non vedo come ci può essere utile. >>

<< Ma certo! E' utilissimo! >>

<< Magari se lasciate parlare me, invece di parlare tutti insieme ... forse a me darà ascolto ... >>

<< Chissà ... >>

<< Ma no! Qui la soluzione è unica. Non dargli tregua! >>

<< Sei solo pieno di rabbia. Non ti porterà a niente. >>

<< Ma dai?! Qui siamo tutti arrabbiati. >>

<< Siamo arrabbiati perché è arrabbiato lui. >>

<< Aspettate! Aspettate! Lui non ci ha scritto solo quado era triste. Ci sarà sicuramente qualcuno che fa al caso nostro. Vediamo. Il poeta può scrivere qualcosa. Abbiamo qualche musicista? >>

<< Io suono il violino! >>

<< Io saprei strimpellare la chitarra ... Se serve ... >>

<< Sarà perfetto! Lui adora la chitarra. Qualcuno sa cantare? >>

<< Nessuno di noi sa cantare! >>

<< Perché? >>

<< Perché lui non sa cantare. Siamo tutti come lui. Non lo capite? >>

<< Ma lui non sa suonare nemmeno un campanello, eppure io suono la chitarra. Qualcosa vorrà dire! >>

<< Sentite. Io ve l'ho detto. Fate come volete! >>

Un terremoto. Breve. Paurosissimo.

<< Ma cosa diavolo ... >>

<< E' inquieto ... non riesce a dormire bene ... >>

<< Qua dentro non c'è mai pace! >>

<< Certo che però, se facciamo tutta questa confusione, ovvio che poi non riesce a sognare! >>

<< Ma sta zitto! >>

<< Ma mi spieghi perché sei così arrabbiato? >>

<< Mi chiedi perché?! Mi sono ritrovato sulla scala di una metro mentre dicevo addio ad una che probabilmente amavo! Non mi ha neanche fatto scendere per baciarla. Mi ha fatto aspettare per ore! Al freddo! E poi, come se non bastasse, mi ha fatto parlare con la crepa sopra il mio letto! Con una crepa! >>

<< Sicuro che non sia accaduto a lui? >>

<< Non lo so e non lo voglio sapere! Io volevo solo scendere. Tagliare i fili! >>

<< Ciascuno di noi custodisce un pezzo di lui. Ha troppa paura del mondo. Ci sono troppi rumori là fuori. E lui è così fragile ... non poteva darsi in pasto al mondo. Così ha creato noi. Piccoli scrigni, custodi delle sue emozioni. Forse dovremmo essergli grati. >>

<< Grati? Ci ha fatto infelici. >>

<< Non puoi arrabbiarti. Neanche lui è felice. >>

<< Ma perché?! >>

<< Se lo sapeva, non ci avrebbe creati. Mica è stupido! Noi siamo per metà creazione sua testa e per metà della sua anima. Quei due non si parlano da così tanto tempo! Si sono litigati tanti anni fa, ma si amano ancora come la prima volta. Così lui crea con la testa dei corpi vuoti, delle storie, e le regala alla sua anima. Poi lei le riempie di pezzi di sé stessa. Forse, se ognuno di noi riuscisse a parlargli, senza fare confusione, forse lui capirebbe cosa gli vuole dire la sua anima. >>

<< Quindi noi potremmo essere felici solo se lui facesse pace con se stesso? >>

<< Diciamo di sì. >>

<< Bene! E allora proviamoci. Non resisto un minuto di più qua dentro. Come facciamo? >>

<< Uno per volta. Parliamogli a cuore aperto, mentre dorme. Sussurriamogli nei sogni. Facciamogli capire cosa vuole dirgli la sua anima. Tu suona il violino, tu la chitarra. Non preoccuparti se non la sai suonare bene. Bastano pochi accordi. >>

<< Ma non hai detto che lui non ricorda quasi mai i suoi sogni? >>

<< Si ... ma noi ci proviamo lo stesso ... >>

<< Tu da quanto ci stai provando? >>

<< Io sono il primo che ha creato. Ero un ragazzo che credeva nell'amore, ma mi ha fatto troppo giovane perché potessi capire. Anche lui era molto giovane quando mi ha plasmato. Quando ha smesso di credere nell'amore non mi ha più ascoltato. >>

<< E se non ricorda i sogni nemmeno questa volta? >>

<< Proviamoci ... ogni tanto qualcuno si salva. Non capita spesso, ma capita. Lui ci ha fatto per salvarsi. Proviamo ad aiutarlo. >>

Si accese improvvisamente una luce.

<< Diamine ... >>

<< Che è successo? >>

<< Questa volta neanche la musica riesce a calmarlo. Che ore sono? >>

<< Quasi le dieci di sera. Perché? >>

<< Eh ... adesso andrà al Bar delle dieci di sera. >>

<< Che posto è? >>

<< Un posto dove ogni tanto va a bere. Ci va alle dieci di sera, quando non si sente di esistere. >>

<< E perché proprio alle dieci? >>

<< Perché le dieci di sera non esistono. E' un tempo vuoto. Anche i film in televisione cominciano verso le nove per non far rendere conto alle persone che le dieci non esistono. In realtà tutto il tempo potrebbe non esistere. Così lui, quando sente di non esistere, fa una passeggiata e resta un po' al bar a bere, insieme ad altra gente che non esiste. >>

<< E noi? Restiamo qua? >>

<< Si. Tanto siamo come il tempo. Non esistiamo neanche noi, amico mio >>

Salvatore Riggi
ATTORE, REGISTA, AUTORE
 
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