IL BAR DELLE DIECI DI SERA - Pt. 3
L'ATTRICE

La giovinezza le era stata strappata come si strappa un fiore dalla terra; senza pensarci. La terra, però, soffre anche per un solo fiore perso. Gli uomini non ci pensano quasi mai. Siamo cattivi giardinieri. Anche cattivi ospiti. Era dunque cresciuta con l'idea di non avere importanza, cosi come non aveva importanza il suo corpo, la sua bocca e i suoi occhi. Era bella, si. E a lei bastava. Quando nessuno ti dà importanza e sei bella, allora pensi che la bellezza sia l'unica tua amica e la sola arma a tua disposizione. Era intelligente, ma aveva imparato che non le serviva a nulla; ma soltanto perché glielo avevano fatto credere. Per quello che voleva fare le bastava un bel corpo e un bel viso. Desiderava con tutta se stessa, o almeno lo credeva, di voler diventare un'attrice. Sognava la televisione e sognava la fama. Chissà poi perché? Se lo chiedeva di tanto in tanto, ma ogni qual volta credeva di essere arrivato al nodo, fuggiva coi suoi pensieri verso cose meno importanti. Adesso è giusto che vi spieghi cosa lei intendesse per "Nodo". Glielo aveva raccontato sua madre quando era ancora molto piccola e senza pensieri negli occhi. Ognuno di noi è un groviglio indistinto di fili più o meno colorati. Sembrano tutti incastrati indissolubilmente tra di loro, ma è un'illusione. C'è un solo vero nodo nascosto in fondo a tutto il resto e che non si vuole far vedere. È piccolo, sottile e timido, ma solo quando ci si trova faccia a faccia con lui si è in grado di scioglierlo e tutti gli altri poi si slegheranno da soli. Il trucco per essere felici è trovare quel solo piccolo nodo capace di trattenere tutti gli altri fili e volerlo sciogliere con tutto te stesso. Questo perché è sempre una questione di volontà. Non basta cercare la felicità, bisogna voler essere felici.
Lei si era trovata più volte quasi faccia a faccia col suo nodo, ma aveva sempre avuto paura. I cambiamenti fanno paura, e spesso anche la felicità. Ecco perché spesso siamo noi a non volerla veramente la felicità. Perché siamo cattivi giardinieri, cattivi ospiti, e anche cattivi eroi.
Era finita così fra le immeritevoli mani di un uomo molto potente e molto brutto. Dimenticò per molti mesi di essere una persona, e si accontentò di essere un numero. La quaranta tre per l'esattezza. La quarantatreesima amante di un onorevole. Non importa di che partito. S'incontravano in una casa che lui pagava profumatamente in pieno centro. Ogni venerdì. S'amavano di venerdì, tutti gli altri giorni no. Anche se, a dirla tutta, "amare" non è il verbo più appropriato, se voi ritenete 'amore qualcosa di più profondo di un normalissimo amplesso. A lei andava bene. D'altronde non cercava l'amore, non voleva costruire una famiglia. Desiderava il grande e il piccolo schermo con tutta se stessa. Niente si poteva mettere fra lei e il suo obbiettivo. Non l'amore, non i legami, a volte neanche la dignità.
Un giorno capitò un fatto davvero singolare. Passeggiando per le vie, con in spalla buste di vestiti appena comprati, incrociò una sua compagna di scuola. Erano state molto amiche quelle due, durante i pomeriggi che dovevano servire a fare i compiti, e che in realtà facevano da cornice alle loro fraterne confessioni. La trovò con più carne sulle ossa di quella che ricordava, e i capelli raccolti dietro. Non vestiva firmata, né alla moda, eppure manteneva l'eleganza naturale che la contraddistingueva. E quella, si sa, non si può comprare. Si salutarono come due vecchie sorelle che non si vedono da tempo. Nell'abbraccio sentì la pancia dura, così si ritrasse per paura di far male. Era incinta.
<< Quindi metti su famiglia? >>
<< Non lo abbiamo deciso ... però è successo! >>
<< Come lo vuoi chiamare? >>
<< La chiamerò Susanna. E' una bambina. L'ho saputo oggi! >>
Commosse e colme di gioia, s'abbracciarono.
<< E tu? >>
<< Donna in carriera o uomo ricco? >>
<< Come? >>
<< Le buste. Sono marche costose. >>
La ragazza tentennò. Provò vergogna dentro di sé. Una vergogna piccola ma penetrante come una spina che non riesci a levare dalla carne.
<< Io ... io ho avuto un bel posto in televisione! >>
<< Ci sei riuscita allora! E su che canale ti posso vedere? >>
<< E' una fiction. Uscirà l'anno prossimo! >>
<< Non sai quanto sono felice, tesoro! >>
Non riuscì a contenere l'emozione e l'abbracciò. La nostra giovane attrice, però, non sentì la stessa gioia di prima, e quando le due si divisero, ognuna per i suoi vicoli, cercò un portone aperto per nascondere il viso fra le mani e piangere. Una voce nella sua testa gli urlava con voce arrogante "Hai fatto bene a scegliere la tua vita!", ma lei sapeva che non si trattava della sua coscienza. Le voci che ci parlano di dentro sono sempre parti della nostra psiche, e quella voce non le apparteneva affatto. Era la voce di un orgoglio subdolo e pericoloso che tentava di distrarla dalla reale condizione in cui si trovava. Non provava alcun piacere nel dormire con l'uomo che s'era scelta, non lo provava quando restava da sola nel letto, non vista da altri. S'era vestita con abiti troppo larghi per il suo piccolo corpo, fatti di un tessuto che le irritava la pelle. La sua anima cercava di grattar via quel prurito con le unghie e con i denti e più andava avanti e più scarnificava la sua stessa volontà.
A volte bastava una vodka al bar delle dieci per dimenticare in una notte quello che era successo in una giornata. Alle volte non bastava un'intera bottiglia. Alle volte non bastava un'intera notte per graffiar via i pensieri.
Un'occasione molto importante per lei venne il giorno in cui il suo uomo riuscì a organizzarle un provino per un film. Un film importante. Uno di quelli che ti capitano veramente poche volte nella vita.
Si presentò di buon ora sul set. Sui set si va sempre in orario. Fece la sua solita presentazione e non riuscì a fare a meno di notare la faccia impassibile del regista e del direttore di produzione. Il primo fece un commento a bassa voce, il secondo ricambiò confidando qualcosa al suo orecchio. Cambiò d'espressione e guardò la ragazza. La interruppe.
<< Va bene, signorina. Va bene così. Fra due settimane cominciamo le riprese >>
Era deluso in volto, e qua e là si intravedevano sprazzi di rabbia rinchiusa dentro la bocca, fra i denti.
Non era stupida. Immaginava. Neanche a lei piaceva la raccomandazione, ma non trovava altra soluzione. Non aveva altri mezzi. Il giorno delle riprese arrivò con ben due ore di anticipo. Era contenta, emozionata. Sentiva di stare per raggiungere il suo obbiettivo. Sentiva di stare scalando la difficilissima scala del successo, quella che a molti era negata. Dopo tutto era stato l'ultimo regalo del suo uomo. Un infarto lo aveva colto senza alcun preavviso tre giorni dopo il provino, ma a lei non importava troppo. L'attimo meraviglioso di quel giorno, tuttavia, era stato spazzato da due voci che lei riconobbe subito. Erano il regista e il direttore di produzione.
<< Adesso che l'onorevole è morto non siamo più costretti a prendere nel cast quella cagna! >>
Parlavano di lei.
<< Oggi cominciamo le riprese! Dove la troviamo un'altra protagonista in meno di due ore? >>
<< Qualsiasi attrice sarebbe meno cagna di lei. E poi io ne conosco di attrici brave! Sono il regista. Conterò qualcosa?! >>
<< Ma si, dai! D'altronde, se è furba per quanto è bella, non si presenterà neanche. >>
<< Non ci giurerei. >>
<< Gli è morto l'unico garante che aveva! Fosse almeno capace a stare in camera! Se si presenta vuol dire che oltre che cagna è anche stupida. >>
<< Ecco, su questo ci giurerei un po' di più! >>
Quando uscirono dalla stanza non trovarono nessuno. La ragazza era già fuggita.
Pianse tutta la mattina.
Ogni volta che si guardava allo specchio si vedeva bella. Era bella. Era molto bella e lei lo sapeva. Sapeva d'esser bella. Non era come quelle persone che dicono di non piacersi perché aspettano commenti confortanti da amici o da estranei. E non era neanche come quelle persone che non si piacevano veramente, pur essendo belle. Cosa non andava in lei? Era perfetta per quel mestiere!
Decise di chiedere consiglio ad un vecchio professore di teatro di una vecchia e decaduta accademia.
<< Ma non lo capisci? - Ripeteva il professore. << Fai pietà a recitare. Questo non fa di te una cattiva persona, ma semplicemente non fa di te un'attrice. >>
<< Ma mi hanno sempre detto di avere una buona presenza scenica! >>
<< Te l'hanno detto per portarti a letto, carina! Si, sei bella, sei molto bella! Ma se avessi un dolore lancinante alla testa, non andrei da un architetto. Andrei da un dottore. Tesoro mio, il teatro è un mestiere che si studia, o tutt'al più si pratica finché non lo fai bene! Sei stata ingannata, piccina, come la maggior parte dei giovani della tua generazione! Vi hanno bombardato di silhouette e bei faccini in televisione con programmi beceri che ti hanno fatto vedere il mondo dello spettacolo come qualcosa che non è! Sai come funziona la grande macchina? Se ti porti a letto qualcuno che ha contatti all'interno del settore, anche se sei una cagna clamorosa, trovi lavoro. Ti fanno tanti sorrisini, ti dicono che sei brava, e lo fanno soltanto per portarti a letto un'altra volta. La verità è che sono tutti malati d'ipocrisia. Sanno perfettamente di stare costruendo immondizia. E' tutto basato sui numeri. A volte basta che ti rendi ridicola sul web, o che fai battute sceme che piacciono ai sempliciotti, che poi sono buona parte della massa, la gente ti guarda, ti condivide e puff! Sei una star. Ti chiamano per fare i film, le fiction, presentare programmi, il meteo, parlare di sport, fare la giornalista! Si. In questo paese basta essere stupidi per diventare anche giornalisti, per fare inchieste! Tu sei stata ingannata. Non hai talento. Come la maggior parte di persone che vedi in televisione. Questo è un mestiere. Ricordatelo, carina! >>
<< E se tutti lo sanno, perché nessuno fa niente?! >>
<< Perché gli conviene! Perché se guardassero veramente dentro di loro, saprebbero che non sono buone neanche a tagliare un foglio di carta con una forbice di plastica! Hai presente la storia dei vestiti invisibile dell'imperatore? Ecco. Per non fare la figura degli idioti stanno tutti zitti. Ed ecco che il paese è andato a ... non farmi essere volgare! Questo lavoro lo puoi fare in due modi: Seriamente, mettendoci pazienza, costanza e con un po' di fortuna arrivi a fine mese, sempre ammesso che ci arrivi, oppure in maniera da sotterrare la dignità. E' lì che fai i soldi, ma quelli veri, eh! Poi però la gente ti dimentica presto, oppure ti ricordano, ma come emblema della cagnaggine! Quante volte sento dire "Ma quanto è bella quella là!", "Si, ma che schifo d'attrice!". Dai retta a me. Salvati. Fa qualcosa di diverso. Che so? Studia. Leggi un libro. Sarebbe già tanto. >>
La distrusse. La demolì. Totalmente annichilita.
Aveva ragione?
Si.
L'industria dello spettacolo era cresciuta in maniera così marcia e mal gestita (se non per sporadici e miracolosi casi) che negli anni aveva regalato un'immagine perversa e deformata agli spettatori. Capitava così che quando un attore o un'attrice erano veramente bravi, tutti quanti si stupivano. Semplicemente quelli avevano studiato. Semplicemente lo sapevano fare. Affidereste mai un paese ad un totale inesperto? E allora perché uno spettacolo, un film, una fiction dovrebbe essere messa in mano a degli incompetenti? Non è che per caso si corre il rischio che chiunque possa credere di poterlo fare? Non è che poi si dissacra qualsiasi cosa ruoti attorno a questo mestiere? Così facendo, la gente non vedrà mai altro che cose banali e per lo più fatte male, e inizierà a credere che il Teatro, il cinema, la televisione siano cose di poco conto. Cose poco serie. Un lavoro non lavoro.
Tornò delusa e ingannata al bar delle dieci di sera. Mescolò le lacrime nel bicchiere. Uscì che era già l'alba. Non riusciva più a trovarsi. Si cercò in quel quartiere e anche in periferia camminando e camminando senza una sosta. Trovò riparo dal freddo in un portone. Lo riconobbe. Ci aveva già pianto una volta, non molto tempo prima. Si poggiò lì in terra e senza rendersene conto s'addormentò.
La trovò un ragazzo sconosciuto che rincasava da una nottata allegra.
<< Signorina, tutto bene? >>
Ma lei non rispondeva.
<< Signorina, mi sente? >>
Lei riuscì ad aprire gli occhi soltanto molto dopo.
Non si trovava in casa sua. Il tetto era più basso e c'era poca luce. Le lenzuola del letto profumavano di sapone di Marsiglia, ed erano calde. Poi un odore familiare la prese per la guancia e la fece girare verso il vassoio su un piccolo mobiletto. C'era del caffè, e c'era un cornetto. Fumavano entrambi.
Il ragazzo era seduto, e la fissava con gli occhi di chi guarda un bel quadro.
<< Dove sono? >>
<< Non ti preoccupare! Eri nel mio portone e non ti svegliavi. Bella sbronza, eh? >>
Si accorse di avere un pigiama.
<< Ma mi hai tolto i vestiti? >>
<< Si, ma tranquilla. Sono un infermiere! Non è stato un problema darti una mano. Tu, invece, che lavoro fai? >>
<< La stupida >>
<< Di professione? >>
<< Si. Ormai sono una veterana! >>
<< Poco male. Sai ancora scherzare. Non so se sei più stupida o più furba. >>
<< Forse tutte e due >>
Lui le sorrise.
<< Comunque ... grazie per avermi aiutata. >>
<< E' stato un piacere. Veramente. >>
Si sorrisero per tanti secondi. Il tempo fugge veramente quando i secondi sono buoni.
S'incontrarono altre quattro volte prima di scambiarsi un bacio. Nessuno dei due seppe che cosa li aveva spinti a toccarsi le labbra, ma questi sono quei casi in cui la logica ha poco a che fare. Il gesto così disinteressato di lui, e la sua premura per quella notte, le diedero ciò che aveva perduto e che pensava fosse morto. Il piacere. Il piacere di un bacio e che fu poi quello di chi si ama contro le porte della notte, nascosti all'invidia di un mondo che non sa amare. Furono quelle notti così tenere e belle che la portarono ad affrontare il suo Nodo. Ricordate la storia dei nodi che vi ho già raccontato? Ecco. Adesso non aveva più paura di guardarlo negli occhi. Quel caffè dopo una nottataccia le aveva riportato alla mente quando da bambina trovava la colazione accanto al letto. Suo padre l'aveva sempre trattata come una principessa, e dopo che il tempo se l'era portato via, a lei non erano rimasti che i ricordi e il profumo del caffè la mattina. Nessun altro glieli aveva mai più preparati, e quelli che faceva lei non avevano lo stesso gusto. Ecco dove tutto si annodava. Ecco cosa non aveva ancora capito. I sogni ci fanno vivere, ci danno un obbiettivo; ma abbiamo sempre bisogno del profumo del caffè al mattino. E abbiamo bisogno di qualcuno che ce lo prepari, o che se dovesse dimenticarlo, ci pensi tutta la giornata e dica "Domani, immancabilmente, devo farle il miglior caffè della mia vita!" >>.
Lei adesso lo aveva capito.
In un mondo-vetrina, ipocrita e bugiardo, che
illude e decaduto, tutto quello che ci serve è la tenera semplicità di due
occhi che sanno guardarci dentro.